Graffiti: arte o crimine?

Proviamo a parlare del fascino del writing nella sua esplosione primordiale e quindi ad avvicinarci a questo approccio . Funziona alll’incirca così : ogni crew ha la sua yard , si studia la stazione , qualche notte prima. Si individua che giri fa la Polfer e in che orari , per non essere beccati in flagranza di reato ( perchè di questo trattasi per la legge ) e finiti i vari appostamenti arriva il momento di taggare. In queste situazioni al limite della legge può succedere di tutto come possiamo immaginare conoscendo le nostre stazioni di notte.  Questa è ovviamente una sintesi di lune intere passate aspettando e capendo il momento giusto per poter mettere il proprio nome sul treno e riguardarlo nei giorni successivi fare le sue tratte o passare nelle yard di altri in qualche modo “marcando il territorio “. Quando incontrai Hate , avevo già amici writer , ma nessuno con 15 anni di treni alle spalle che non aveva la minima intenzione di diventare uno street artist . In una vineria sono rimasto affascinato dal suo approccio che è rimasto lo stesso di quella cultura esplosa nei primi anni 90 e mi sono fatto raccontare quel brivido e ne ho cercato di capire i motivi , le vibrazioni.  La discussione oggi tra graffitari e street artist è accesa : l’abbiamo vista nel caso di Blu e la sentiamo in tanti altri meno eclatanti. Arte o decoro pubblico ? Legge o fuorilegge ? Ne parliamo con un protagonista della materia.

Racconta di te. Cosa ti ha avvicinato ai graffiti? Quali valori conservi ancora oggi?

il mio nome è Hate, la mia crew Hfs, faccio graffiti, principalmente treni, da un tot di anni. Direi che avevo tipo 16 anni quando ho “scoperto” la cultura hip-hop.

Sentivo musica rap dai ragazzi più grandi, li guardavo fare tricks con lo skate e fare graffiti.

 La situazione era diversa da adesso, era underground. C’era AL Magazine, il concetto delle 4 discipline con quello che comportava e tutto quel mondo. Era un mondo lontano dalla mia vita di allora e totalmente sconosciuto, ed era tutto incredibilmente figo! Quindi volevo farne parte.

Provavo a fare un po’ di tutto, ero un ragazzino, un “toy” ovviamente.

I graffiti erano la cosa che mi riusciva meglio perché ero bravo a disegnare , di conseguenza decisi di portare avanti questo e mollare il resto, giustamente non puoi fare tutto.

Poi col tempo inizi a conoscere gente con i tuoi stessi interessi ecc..

Direi che è stato nel 2002 quando abbiamo iniziato a dipingere treni.

Era un periodo magico ed ha cambiato la mia vita, sia nel bene che nel male.

Quando parliamo di graffiti, di cosa parliamo, per te?

È una domanda complicata :  c’è tutto un mondo, ci sono tante situazioni e tante questioni.

Quello che conta per me , quello che sta al centro, è comunque lo Stile.

In cosa la vostra mentalità confligge con la Street art di oggi?

Chi fa pannelli o che comunque rientra nella parte più hardcore della scena, ha una attitudine più aggressiva e più criminale rispetto a chi fa street art.

 Quello che facciamo è illegale e ci adeguiamo.

Più che artisti direi che siamo dei disagiati e dei mezzi criminali, se non hai questa attitudine non puoi fare quello che facciamo.

Penso che la differenza principale sia questa.

Qualcuno si offenderà ma è un dato di fatto che gli street artists se la credono un casino, perché si considerano artisti.

Dal nostro punto di vista invece (non per offendere ma per essere sinceri) fare street art è come giocare al campetto dell’oratorio, se messo in confronto agli sbattimenti che si fa un writer e ai disagi che deve affrontare x fare un pannello. Con tutto il rispetto per chi merita e porta stile anche nella street art.

Quello che mi affascina del vostro approccio è il voler rimanere anonimi. Non solo per il discorso legale, immagino. Ti senti riconosciuto per la tua arte?
In realtà è soprattutto proprio x il discorso legale. Che ti piaccia o no..non puoi esporti, se no sei fottuto. Quindi la nostra non è una scelta ma un obbligo.
Se mi sento riconosciuto? ..no. Ma è così che va e lo devi sapere, quello che facciamo, lo facciamo x noi stessi, o per confrontarci tra writers, portare in giro il nostro stile.. al resto della gente non interessa ciò che facciamo. E mi sento di dire che questo è il motivo principale per cui sempre più gente sceglie di fare street art..cioè per essere riconosciuti, x farsi vedere e per poterlo fare come lavoro. Viceversa se credi di fare roba hardcore per il pubblico..lascia perdere.

Quanta emozione ti da dipingere un treno?
È come fare uno sport estremo..adrenalina, tensione. C’è del rischio, energie, concentrazione, paura anche. Ma c’è anche un sacco di impegno, che chi non fa queste cose non si immagina. E sacrifici e sbattimenti. A volte maledici il giorno che hai cominciato, altre volte ti senti un king. Poi in yard può succedere di tutto, situazioni imprevedibili, a volte le cose possono mettersi molto male, devi esserne consapevole. Poi x me una parte fondamentale è beccare il proprio pezzo in giro nei giorni successivi..vedere il tuo pannello girare, vederlo arrivare in stazione..anche questo ti spinge.

A chi dice che le tag sono scarabocchi, cosa vorresti dire?
Che effettivamente sono scarabocchi, ma sono i TUOI scarabocchi. Capisci cosa intendo? ..è personale, ti identifica e contemporaneamente ti pone all’interno di un movimento. Tutto parte da una firma, dal tuo nome. Poi posso dirti che a volte ci può essere più stile in una tag che in una All of Fame fatta con 50 colori.

L’arte urbana è contestuale. Perché non dovrebbe entrare nei musei ad esempio?
Non dovrebbe entrare nei musei perché nei musei ci sta la roba vecchia.. quando una corrente nuova arriva nei musei significa che ormai non è più nuova, appartiene già al passato, alla storia, o a gente che è morta.. quando i graffiti entrano nei musei vuol dire che quella roba è già passata.. la scena viva sarà sempre fuori. Secondo me i graffiti sono nati dal concetto “che ti piaccia o no leggerai il mio nome” ..per questo appartengono alla strada e non ai musei.

Intervista di Alfre D

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